L'isola vista dal promontorio è un'arazzo che la natura e l'uomo hanno tessuto a quattro mani lungo un tempo infinito guidati, forse, più dal caso che dalla ragione. Nella preziosa trama di questo racconto vivente i boschi dominano la scena: sono i riccioli scomposti sulle cime delle alture che si elevano tenaci dal mare, i ruvidi maglioni fatti dalla nonna che proteggono le loro robuste spalle dagli artigli di nuvole plumbee, i calzari che ornano le scogliere, eterne compagne di gioco delle onde. Su questo sfondo che respira senza sosta al ritmo della brezza salmastra, altezzose ville fanno bella mostra di sé in bilico su strapiombi, civilizzati uliveti ammiccano a selvaggi mantelli di macchia mediterranea, lettini e ombrelloni attendono la fine della stagione mantenendo obbedienti le geometriche posizioni a loro affidate su piccole falci di rena rosa, soffici resti di antichi contrafforti di granito. Qua e là, la poesia è punteggiata da piccole concessioni all'utilit
Da come sprona il suo cavallo quel cavaliere sembra avere una gran fretta, il lungo collo tutto teso in avanti, la lancia e il braccio che la regge a stento rimangono attaccati a quei corpi che paiono saette. Chissà che dispaccio importante giace in quella borsa, affari di stato o magari di cuore? Mah! Impossibile dirlo. Ma deve stare attento il cavaliere, attento che uno di quei balzi poderosi non la facciano cascare quella borsa, non se accorgerebbe di sicuro e il dispaccio sarebbe così perduto per sempre con conseguenze, anche queste come il suo contenuto, inimmaginabili. Mi rendo conto solo ora che davanti al cavaliere giace un mare immenso e, come sembra dirci l'intensità del suo blu, profondo, molto profondo. Lunghe barbe di schiuma vaporosa rimangono impigliate nelle zolle di terra e nel brillìo del verde che l'erba medica riverbera generosa. Cosa conta di fare quel pazzo, spingere il suo destriero indiavolato e galoppare sulla quella superficie di cobalto come se nulla