Stringo i lacci delle scarpe, mi alzo, faccio qualche passo per sentire se sono “uguali”. No, non sono proprio “uguali”, la destra è più molle. Mi fermo e la stringo di nuovo, un pochino di più questa volta. Altri tre passi: ora sì che vanno bene. Tocca ai bastoncini ora. Allungare i bastoncini “uguali” è un’operazione decisamente più semplice, ci sono sopra le misure stampate in chiaro, non si può sbagliare. Ciò nonostante, li affianco e verifico, così, giusto per essere sicuro. Mentre le mie ottuse misurazioni procedono minuziose come sempre il parcheggio si riempie un poco alla volta. Dalle auto scendono visi noti e meno noti; tutti sfoderano l’inconfondibile sorriso del camminatore alla partenza. Come la luce, il sorriso del camminatore alla partenza è un insieme di vari colori: dentro c’è la quieta trepidazione per la passeggiata, specie se il percorso è nuovo, ci sono gli aromi della colazione che, ancora in circolo, alimentano il buon umore, c’è la lieta sorpresa di scorgere qualcuno che non vedi da un bel po’ e c’è, subdolo e immancabile, il dubbio su che giacchetto portare (ci sarà da fidarsi delle previsioni? e se dopo fa freddo? tu che fai, lo lasci? boh, dai vabbè, lo porto, però pesa … boh, sì dai, lo porto, speriamo bene). Mentre i saluti rimbalzano tra bagagliai aperti e zaini paffuti, altre scarpe si allacciano, altri bastoncini si allungano. Li sbircio tutti di nascosto e mi annoto ancora una volta che lo si può fare in modo meno ossessivo-compulsivo del mio, ma tant’è, già lo so che la prossima volta farò uguale.
La carovana si mette in cammino, venti bipedi e due quadrupedi. Come goccioline di mercurio, dopo un iniziale sparpagliamento i camminatori si riaggregano in piccoli gruppi; si scioglieranno e si ricomporranno uguali, poi diversi, poi ancora uguali, poi ancora diversi per tutta l’escursione, obbedendo ad arcane e serpeggianti forze di attrazione che mi affascinano ogni volta. Se la Natura è l’habitat ideale per camminare, una camminata è evidentemente l’habitat ideale per chiacchierare, per “stringere i lacci” tra le persone. La caleidoscopica varietà degli argomenti mi dice che non è quello che i camminatori si dicono che conta, ma che è quella particolare condizione che lo rende così irrinunciabile. Altrove, l’ordine di arrivo di alcune recenti classiche ciclistiche, arricchite da sfuggenti profili psicologici dei campioni in questione, il prezzo stratosferico di piccole ma squisite mozzarelline da passeggio, gli aggiornamenti su svariate cartelle cliniche di presenti e assenti e qualche immancabile ricetta di stagione non avrebbero lo stesso inimitabile gusto.
A proposito di stagione, è primavera.
Se ascolti attentamente, senti la vita ribollire tutt’intorno. I colori sono una gioia per gli occhi. Ci vorrebbero giorni e giorni anche solo per annotarsi tutte le sfumature di verde. Sono così tante e abbaglianti che persino i fiori sembrano rassegnarsi per una volta al ruolo di comparse.
L'aria è frizzante, lascia che il sole faccia la sua parte ma da lontano lo tiene dolcemente a bada, così che non esageri, come fa una mamma quando il suo bimbo sta giocando da solo. I dubbi sul giacchetto si sciolgono felicemente pur consapevoli di doversi ripresentare puntuali alla prossima escursione, non si sa mai.
L'ultima discesa punta dritta su un piatto di ravioli di patate con pomodoro fresco. Una birra fresca attende il suo turno, lì, a portata di mano, proprio come la felicità.
AF
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