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Cieli

Da come sprona il suo cavallo quel cavaliere sembra avere una gran fretta, il lungo collo tutto teso in avanti, la lancia e il braccio che la regge a stento rimangono attaccati a quei corpi che paiono saette. Chissà che dispaccio importante giace in quella borsa, affari di stato o magari di cuore? Mah! Impossibile dirlo. Ma deve stare attento il cavaliere, attento che uno di quei balzi poderosi non la facciano cascare quella borsa, non se accorgerebbe di sicuro e il dispaccio sarebbe così perduto per sempre con conseguenze, anche queste come il suo contenuto, inimmaginabili.

Mi rendo conto solo ora che davanti al cavaliere giace un mare immenso e, come sembra dirci l'intensità del suo blu, profondo, molto profondo. Lunghe barbe di schiuma vaporosa rimangono impigliate nelle zolle di terra e nel brillìo del verde che l'erba medica riverbera generosa. Cosa conta di fare quel pazzo, spingere il suo destriero indiavolato e galoppare sulla quella superficie di cobalto come se nulla fosse? E per andare dove poi, cosa ci sarà mai dall'altra parte del mare? Non devo attendere molto per saperlo, trascorrono pochi istanti e la risposta si materializza. Dalle profondità del blu un castello si avvicina senza affanno. Non ha una forma consueta, più che vedere che è un castello, sento che è un castello. Me lo dice quella torre sghemba, con una merlatura che sembra il sorriso di un bambino cui la fatina dei denti ha appena fatto visita. C'è una bandiera sulla sua sommità, ma un attimo dopo, non c'è più. Il portone oscilla un po' sbilenco aggrappandosi ad un unico cardine attorcigliato come un cavatappi. Dondola ad un ritmo bislacco, una musica che evidentemente sente solo lui; il mondo tutt'intorno infatti, si muove a una velocità diversa. Ma il portone non sembra per nulla turbato e prosegue ad oscillare tranquillo.

Istintivamente tendo l'orecchio per sentirne il cigolio o magari un piccolo tonfo, ma nulla, l'unico suono è il soffio del vento, gentile e indaffarato. D'un tratto, una flotta di cangianti velieri spunta all'orizzonte. Vengono verso di me spinti proprio da quel vento che sussurra senza sosta incomprensibili parole alle mie orecchie. Sembrano carichi, immagino zecchini d'oro, spezie orientali o drappi di tessuti preziosi. Sono contento per il cavaliere, un veliero risolverebbe tutto, arriverebbe sano e salvo alla meta e il dispaccio con lui! Ma dove poco prima c'erano cavallo e cavaliere ora moltitudini di strani animali brucano pascoli invisibili. Vorrei chiedere loro se hanno visto che direzione ha preso il folle messaggero ma la dedizione quasi religiosa con cui allungano i loro colli verso il nulla mi frena. Non capisco perché lo facciano, ci deve essere una ragione che non vedo e, a pensarci bene, non sarebbe la prima volta. Mi arrendo, non possono sbagliarsi tutti quegli animali, è evidente che sono io che devo imparare ad aprire i miei orizzonti.
"Tutti in fila indianaaaaa, attenti alle macchineeee!!!"
Buonconvento ci accoglie, il pranzo fa capolino là, appena dopo il ponte sulla destra. Ho un po' fame, ma non tanta, penso che con un piatto di pici dovrei fare bingo. Una birra! Ecco, quella sì che la desidero davvero tanto, subito possibilimente. Attraverso la strada, affido la mia comanda dei pici agli amici camminatori e prendo ad emulare il folle cavaliere. Fendo immaginarie onde tra le bancarelle alla ricerca del boccale ristoratore fino a che, tra straripanti porchette e piramidi di seducenti caramelle, lo trovo. Il bicchiere di plastica che stringo tra le mani non è proprio un boccale ma che importa, se ho imparato qualcosa da tutto quello che questi meravigliosi cieli mi hanno insegnato questa mattina, in fondo basta usare un po' di fantasia.

AF

 

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