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Dialogo celeste

 
Ad un certo punto, senza un particolare motivo, mi sono alzato dal tavolo, ho arraffato un paio di triangoli di cocomero e ho puntato con flemmatica determinazione il buio, al di là delle pozzanghere di luce artificiale che bagnavano l'allegria che serpeggiava per i tavoli. Il buio di campagna è diverso da quello di città, libera fantasie più infantili, è popolato da creature più strane e percorso da silenzi più acuti. Anche qui però, come in città, il buio non prende iniziative; è solo la tua paura a decidere se ti terrorizza o ti protegge.
 
L'aria mi è sembrata più fresca al buio; forse era solo suggestione, ma ci ho creduto volentieri e sono rimasto. Da lì, l'allegro brusio degli escursionisti era piccolo piccolo, poco più che un indistinguibile sottofondo ed è stato facile guardarsi intorno, assaporando il piacere che si prova nel fare le cose senza fretta. La linea dell'orizzonte, un merletto di ulivi già pronti per andare a dormire ma ancora capaci di assecondare gli ultimi aliti di brezza ondeggiando come stanchi ballerini, separava il nero assoluto dalla tavolozza della volta celeste.
 
Al centro della scena, poco sopra quella linea zigrinata e traballante, ci stava la Luna, poggiata su un cuscino di luce dorata. Ho preso a fissarla, senza ritegno, come mi hanno insegnato che non si dovrebbe fare, specie con una signora. Ho capito subito che non si sarebbe accorta di me, troppo presa com'era a guardare altrove e mi sono sentito autorizzato ad indugiare. Il suo sguardo puntava in basso, senza esitazioni, verso il Sole, che ricambiava illuminandole il volto. E mentre lui scendeva a portare un nuovo giorno dall'altra parte del mondo lei lo seguiva, placida e determinata, gli occhi fissi su di lui, proprio come io stavo facendo con lei.
 
"Ecco come nascono le figure mitologiche" ho pensato quando ho visto quello sguardo. I due giganti hanno eseguito come ogni notte le loro impeccabili coreografie, senza una sbavatura, con la precisione e la perizia di un bravo artigiano. Sul volto della Luna mi è sembrato di scorgere il riverbero di un amore antico, per la volta celeste ormai punteggiata di stelle, per noi, quaggiù, occasionali creature della notte, ma soprattutto per il Sole, suo compagno di avventure da milioni e milioni di anni. Forse anche questa era solo suggestione, ma quella cosmica intimità mi ha infine fatto sentire di troppo e dopo un ultimo sguardo ammirato sono tornato sui miei passi, alla ricerca di un bicchiere di vino fresco, perfetto antidoto a qualunque cosa succeda d'estate.
 
AF

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