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Maremma

 

La tavolozza di colori che ci accoglie dice chiaramente che la Maremma s'intende assai di magia. Non può essere altrimenti, i colori sono mescolati con un elisir potente e dal risultato la maestria è evidente.
 

Che altro infatti, se non una pozione magica, può in pochi attimi togliere senza sforzo tutto il peso che una settimana lavorativa ha accumulato sul nostro respiro, passare una spugna umida sulla lavagna dei pensieri e mettere pochi ma inestimabili millimetri tra le piante dei nostri piedi e il terreno, regalandoci l'ebbrezza del volo, emuli, per un istante, di quel gabbiano che proprio in questo momento attraversa solitario la volta cobalto sopra di noi, silenzioso e apparentemente sfaccendato.

 
Ci incamminiamo. La meta è un orario non un luogo, dobbiamo aspettare che le lancette dell'orologio si avvicinino alla cena quel tanto che basta per poterci sedere ai tavoli. Procediamo leggeri, senza zaino né doveri, la mente sgombra e gli occhi avidi.
 
Il suono della risacca è garbato, accompagna discreto i passi leggeri che affondano a stento nella sabbia umida. Le piccole nuvole all'orizzonte galleggiano come insetti intrappolati in quest'aria color dell'ambra che nulla nasconde, generosamente cristallina. 
 

 
Lo sguardo è libero di scorrere sui bruni profili dell'Argentario, dell'isola del Giglio e sulla linea che separa il mare dal cielo. Gli arbusti e le chiome irsute della pineta spruzzano chiazze di verde su questo impero di marroni e di blu.
 
Il sole, con un'ultima carezza, dà una mano di smalto ai colori, a tutti in egual misura, prima di scomparire davanti ai nostri occhi per andare a proseguire il suo lavoro altrove, instancabile come sempre.
 
 
Un giovane pianista jazz mette scompiglio nella solenne partitura del tramonto improvvisando un gioco sulla sabbia. Scorrazza a piedi nudi sul bagnasciuga, avanti e indietro, in continuazione, mentre con un legno traccia solchi che si intrecciano con le sue orme perso in un mondo invisibile agli occhi di noi adulti. Che energia! È instancabile, come il sole. Mi contagia e sorrido; guarda come improvvisa, è davvero un pianista jazz!


***
 
La notte porta consiglio e ... altri camminatori. Ed eccoli, i camminatori, il sabato mattina, novelli Mosè che al loro passaggio separano flutti di lunghi fili d'erba in attesa di un più impegnativo esame con le acque.

 
Ed ecco le acque, nei panni di un giovane fiume, non impetuoso ma sicuramente impietoso, stroncare sul nascere le carriere dei novelli Mosè. Nonostante lo smacco, attraversare l'acqua è proprio piacevole e i piedi sentitamente ringraziano.

Il tempo sembra stia mostrando il meglio del suo catalogo: "Guardate dunque: qui c'è il sole, qui le nuvole, l'umidità non manca, ma ho pure l'aria fresca per asciugarla un po';  ho dimenticato qualcosa? No credo di no; avete preferenze?" Per fortuna, nell'indecisione generale, la temperatura si mantiene buona e si cammina senza sforzo su sentieri confortevoli e mai sconnessi tra onde di grano che si prepara alla doratura.

Ancora qualche passo e la meta tanto agognata si para davanti a noi: le terme di Saturnia. Per un istante le ammiriamo dall'alto, con lo stesso sguardo innamorato con cui i bambini guardano una pozzanghera quando la mamma è distratta. Ma è solo un istante, appunto, perchè subito, frenetici e determinati, iniziano gli spogliarelli.

Piccoli cumuli di prezioso abbigliamento tecnico si innalzano velocemente su pietroni odoranti di zolfo e in men che non si dica i camminatori, spensierati, già sguazzano come paperette.


 
Sulla strada di ritorno verso Montemerano il sole rompe gli indugi e la temperatura sale decisamente. I chilometri cominciano a farsi sentire. Puntuale ed efficiente, il mio cervello entra subito in azione e mette in atto le controffensive del caso: nella mia mente inizia una proiezione di diapositive. Sono poche ma scelte con cura e si susseguono con frequenza regolare: un boccale di birra pieno fino all'orlo su un tavolino sotto un pergolato, io che sospiro mentre allento le stringhe e mi tolgo gli scarponcini, sempre io che, appena tornato in campeggio, vinco ogni titubanza e mi tuffo in mare ed infine, questa è un po' sfuocata ma ugualmente efficace, un'ipotesi plausibile della degustazione che ci aspetta questa sera ad Alberese. Si vede che il mio cervello mi conosce bene perché, ci crediate o no, riesce sempre a convincermi a camminare fino alla fine. Mi sa che dovrò pagargli una birra anche questa volta.
 
*** 

Il congedo dalla Maremma è affidato al parco dell'Uccellina. Ha il fascino misterioso e un po' ruvido dei luoghi dove la civiltà non ha fatto breccia e dove, di conseguenza, l'uomo è comparsa e non protagonista. Il bosco è austero ma luminoso e lungo il sentiero che a tratti sale e scende con decisione insetti pruriginosi tendono piccole e frequenti imboscate.
 
 
Cala Salto del Cervo ci ospita per il pranzo al sacco. Il cielo è coperto quando arrivamo, l'aria è carica di umidità al punto che l'orizzonte si distingue a stento. Ci sparpagliamo sulle pietre levigate che ornano questa mezzaluna cinta dalla macchia mediterranea. Fisso a lungo il mare e, immancabilmente, sento il suo fascino che mi cattura. Cerco di ricordare se mi è mai capitato di trovarlo insignificante, il mare e ... no, non mi è mai capitato. Sa il fatto suo, il mare.
AF

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