Questa notte la Montagnola deve aver dormito proprio bene perché fin dal nostro arrivo ha mostrato il lato più dolce del suo carattere. I colori intorno a noi sono tenui, risvegliati appena da una luce discreta che filtra da nuvole ancora indecise sul da farsi; i più pimpanti siamo noi, e siamo pure tanti!
Francesco ci chiama a raccolta col
piglio di un sergente che accoglie giovani reclute di cui conosce bene la
propensione ad una garbata indisciplina. Però! si impegna il sergente, devo
riconoscerlo, mi sa che oggi ci tocca fare i bravi.
Il percorso si addentra rapidamente nel bosco, sotto le fronde degli alberi che intrecciandosi si richiudono protettive sopra di noi. Il verde dei lecci, finalmente incupito da un autunno che fatica sempre più nel far capire all’estate che è giunta per lei l’ora di andarsene, viene qua e là spruzzato dal giallo di qualche ramo che insensibile ai capricci delle stagioni continua a vestire più classico.
Il passo della compagnia è tranquillo, in totale armonia con la natura che ci circonda, forse anch’essa impigrita dall’umidità che imperla le superfici e si incunea nelle fessure.
In questa atmosfera un po’ ovattata, tutto a un tratto, entrano in scena i corbezzoli. È un crescendo: sempre più frutti, sempre più maturi, sempre più vicini: come resistere? E così, inevitabilmente, molte gambe rallentano e altrettante mani, animate da una golosa e incontrollabile frenesia, si allungano verso i piccoli frutti penzoloni che, dal canto loro, sembrano proprio dire: “coglimi, dai, coglimi!”. È solo dopo qualche minuto di questa gioiosa raccolta che Francesco, in una pausa eruditionis ci informa che il nome latino del corbezzolo, arbutus unedo, suggerisce di non esagerare con il suo consumo. Sembrano infatti essere note fin dall’antichità le sue proprietà di ... coadiuvante. Il primo pensiero che mi attraversa la mente è che ne fanno sicuramente grandi scorpacciate gli uccelli che vivono vicino al mio posto auto.
Mentre i dilettanti giocano con i corbezzoli i professionisti già stringono tra le mani sacchetti che passo dopo passo si riempiono silenziosamente di altri regali del bosco. La forma delle protuberanze che modellano gli improvvisati ma preziosi contenitori non lascia dubbi: funghi! Se hai avuto la fortuna di raccoglierne qualcuno e la lungimiranza di tenere carta e penna nello zaino, questo è il momento migliore per avvicinarsi e passeggiare con finta noncuranza vicino a Giovanna, autentico ricettario vivente.
Ma non è solo la Natura a nutrirci oggi. I nostri passi incontrano villa Cetinale e le sue prospettive mozzafiato, la scala Santa, il Romitorio e attraversano pendii che consentono di spaziare in lontananza con lo sguardo, abbracciando in un solo colpo d’occhio il castello di Celsa, Siena e le brume che ancora avvolgono l’Arbia: anche oggi lo spirito ha di che rallegrarsi.
Le pietre delle case di Ancaiano, il profumo di legna bruciata che dai comignoli serpeggia verso il cielo bigio e la quiete che emanano i borghi all’ora di pranzo della domenica ci dicono che anche per oggi l’escursione è finita.
Che meraviglia, grazie!
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