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Sassoforte

Magico sentiero quello del Sassoforte.

Come i comuni sentieri si leva dal paese pigramente, si restringe poco alla volta, serpeggia un po', giusto il necessario, alterna raggi di sole a macchie d’ombra e attutisce i nostri passi con un tappeto di foglie appena steso. Un sentiero confortevole insomma, persino amichevole, ma che all’inizio, come tutti i sentieri, in fin dei conti si muove, e noi con lui, solo nello spazio.

Poi, ad un certo punto, silenziosamente, il mondo intorno a noi muta. Non saprei dire di preciso come sia possibile, ma ho la sensazione che ora, oltre a muoversi nello spazio il gruppo stia viaggiando anche nel tempo; indietro nel tempo, per la precisione. 


Il paesaggio si è improvvisamente trasformato in un regno. Come in una cattedrale gotica, il bosco e le rocce fanno a gara a chi si innalza di più verso la volta di luce, avendo cura di permettere a qualche raggio di filtrare, per rischiarare la terra e tutto ciò che sopra vi giace.

Da qui, ora, appare chiaro che quelle guglie di pietra, smisurate, sono un esercito di soldati ancora schierati, dopo secoli, spalla contro spalla, a difesa del Castello. 

Ci scrutano dall’alto quei giganti silenziosi. Hanno per uniforme una cangiante mantella verde, forse per mimetizzarsi nel bosco ed emanano la forza di chi sa di incutere timore con la sola presenza. 

Ci lasciano passare, per nostra fortuna, e dopo pochi passi il Castello si erge davanti a noi. Ha visto tante primavere e non fa nulla per nasconderlo.

Eventi umani e naturali lo hanno attaccato, lo hanno segnato, aperto varchi nei suoi fianchi, scoperchiato le sue stanze e le sue corti ed estinto i suoi abitanti. Ma ciò nonostante quelle mura, quelle pietre, che hanno sfidato eserciti, cavalieri e chissà che altro ancora, non intendono certo arrendersi. 

E così, appoggiate le une alle altre in un prodigioso equilibrio, mentre disobbediscono beffardamente alle leggi della fisica sembrano sussurrarci che il tempo dovrà faticare ancora parecchio prima di averla vinta. 

Nel frattempo, distrattamente, faggi, castagni, muschi e felci colgono per un attimo lo stupore sui nostri volti quindi tornano alle loro faccende, con la noncuranza di chi nella vita ha già visto tutto.

Che meravigliosa, immortale eleganza.


AF

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