Non è stato un cammino come gli altri.
L’ho percepito subito, appena arrivato nel piazzale del campino, che questa volta c’era qualcosa in più. Più persone, innanzitutto, tanta, tantissima gente che si è presentata con il sorriso della festa, quello per le occasioni importanti, avvolgendo la mattina di una gioia che ha camminato con noi dall’inizio alla fine, c’erano le joelette, meravigliosi grovigli di meccanica e umanità e c’erano le magliette coloratissime delle associazioni, tante, che hanno voluto partecipare.
E poco dopo, quei puntini di colore hanno cominciato a intrecciarsi sul percorso formando una trama, piccoli nodi di un tappeto il cui disegno era chiaro a tutti. Ed è stato un cammino vero, non un’imitazione: gli accompagnatori hanno guidato un gruppo eccezionalmente numeroso che ha scarpinato, sudato, riso, persino pianto, quando la ruota di una joelette sembrava non volerne sapere di restare gonfia e, alla fine, meritatamente, mangiato e bevuto.
Se devo scegliere un’immagine, un simbolo da tenere come ricordo di questa giornata speciale, non ho dubbi: il ponte.
Il torrente non era né largo né profondo ma c’era, e questo sarebbe bastato perché in una giornata normale qualcuno dopo essere arrivato fin lì si fosse dovuto fermare e da quella sponda rimanere a guardare l’altra, vicina e pur irraggiungibile. Ma questa, come detto, è stata una giornata speciale e su quel torrente qualcun altro, con fatica e sapienza, aveva appoggiato un ponte, trasformando poche assi di legno in un oggetto che ha il magico potere di unire, creando un passaggio dove prima c’era una barriera e così, senza più barriere, tutti hanno potuto proseguire, insieme.
Oggi, grazie ad un’idea coraggiosa e all’inesauribile energia di alcuni ognuno di noi ha potuto farsi ponte e trasformare un cammino in un atto di amore.
AF
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