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Du giorni, du Sassi

E per due giorni la compagnia si spinge a est, per giocare a mondo con i confini di tre regioni.

Badia Tedalda ci regala un piccolo museo, zeppo di informazioni e di ricordi di queste terre tenuti insieme dalla passione, tanta, di chi lo ha costruito e ce lo mostra con orgoglio. È da lì che cominciamo il cammino. Gli orizzonti si allargano, il vento soffia forte, così forte che quasi non ci accorgiamo del sole che splende con grande impegno. Il percorso che seguiamo sembra la prova d’esame di un corso per contrabbandieri: mai scavalcati così tanti fili spinati in vita mia. I resti della linea gotica sono in realtà poca cosa, ma le immagini che riempiono i telegiornali in questi giorni mi rendono semplice immaginare come dovesse essere dura la vita qui in quei giorni bui. Scivoliamo verso Pennabilli. Ci aspetta un albergo dove il tempo sembra riuscire a passare senza lasciare traccia. Il paese, esplorato prima di cena sotto la sferza del vento che ora si è fatto quasi minaccioso, ci rivela i suoi piccoli gioielli, fatti soprattutto di poesia; se stai al gioco e ti stacchi per un attimo da terra, ti diverti proprio.

Ma poi si ritorna a terra, eccome: birrozza (meritata!) seguita da, e qui l’albergatore gioca il jolly, una grigliata che fa alzare bandiera bianca anche alle nostre mandibole più agguerrite.

Il dopocena riserva una sfida inedita: sono più le partite a scala quaranta vinte da Bruno o i fiocchi di neve che proprio in quel momento prendono a scendere dal cielo? Non si sa. Si sa invece che alcuni complottisti vorrebbero rivedere alla moviola le mani del Valentini mentre dà le carte.

Ci si infila tutti sotto le coperte mentre la neve lavora ancora alacremente.

 

È domenica e dopo la colazione si esce tutti a farsi baciare dal sole. Il sentiero di oggi parte da Minatoio, poche case a bada di splendidi pascoli. La nevicata ha spruzzato polvere magica sul paesaggio e, ahimè, anche una generosa dose di fango sul sentiero; le due cose rallentano la marcia ma il morale della truppa rimane alto.

Boschi, calanchi, prati, orizzonti fatti di monti noti e meno noti, nuvole bianche e, ad un certo punto, anche di mare: ce n’è per tutti i gusti. Dopo tutta questa fatica, la soddisfazione monta e la fame pure; per dovere di cronaca, la prima ce la teniamo, la seconda ce la togliamo. Arriviamo ai piedi di Simone e di suo fratello. 

Saliremo su Simone, più accessibile grazie ad un’utopia vecchia di secoli della quale il Valentini ci rende edotti mentre una curiosa competizione tra fornelletti si svolge proprio davanti ai nostri occhi.

Ci godiamo il panorama dalla sommità del Simone e poi di nuovo giù fino alle macchine, zigzagando tra erba e fango, sentieri e strade asfaltate, Toscana ed Emilia Romagna: meraviglia.

Che dire? Grazie! Grazie agli organizzatori per questo regalo e alla compagnia per l’energia che sprigiona ogni volta.

Alla prossima!

AF 

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