Sono passate da poco le 17.00 di questa bella domenica di sole e sto tagliando il traguardo di un percorso che oltre a tre giorni di calendario ha attraversato tante altre cose, fuori e dentro di me. Il risultato? Sono soddisfatto, sazio di una sazietà perfetta, felice e compiaciuta. E come sempre in questi momenti, avverto che le parti del mio corpo stanno già sfogliando i loro personali album dei ricordi. I muscoli, soprattutto quelli delle gambe, mi fanno tornare a percorrere sentieri di terra e sassi, ad avanzare nel bagliore delle strade bianche e sul nero dell’asfalto, a rivivere le tensioni delle salite e delle discese (il cui gradimento con l’avanzare dell’età si è invertito), a confermare l’innata simpatia che invece continuano ad ispirarmi i tratti in piano. Mi ritrovo a scavalcare pozzanghere di acqua e di fango, radici che affiorano, a rialzarmi maledicendomi dopo una breve pausa durante la quale mi sono incautamente seduto (mai, Andrea!) oppure a gioire festoso